11 Mag Copione al bacio
Enzo Minarelli
Copione al bacio
la distanza tra desiderio e disamore
ut unus fiat ex pluribus Pitagora (Cicerone, De officiis)
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Primo tempo
Villa delle Rose
Ayahuasca
Fior di loto
Plaza de Toros
A ritmo di bossa nova
Il muro del pianto
Secondo tempo
Il corpo vero
Saint Laurent
Incarico in carica
Casablanca
Arancini e limoni
Guglielmo è il co-protagonista delle undici storie condivise con altrettante figure femminili incrociate nel ciclico girovagare calcando palcoscenici di mezzo mondo. Nell’economia del film-racconto ricopre il ruolo di un attore ossessionato dal teatro che pratica in maniera maniacale, assoluta, al punto da riservargli il gradino più alto nel podio della vita. Il narratore esterno si rivela, da par suo, un passionale cinefilo che ha visto centinaia e centinaia di pellicole.
Copione al bacio è la diretta conseguenza di questi due dati che si intersecano, rimpallandosi a vicenda il testimone del narrare. L’azione spesso coincide con sequenze di film talora nominati con titolo e regia. I due piani, quello narrativo e quello cinematografico si sovrappongono e diventano un corpo unico perché l’uno imbecca l’altro e viceversa. L’intreccio che ne deriva è il motore che tiene vivo il susseguirsi degli eventi.
Lo svolgimento cronologico è volutamente a ritroso, si parte dall’oggi per arretrare fino alla metà degli anni Settanta. Il personaggio Guglielmo viene pertanto decostruito, è completo all’inizio quando fa il suo esordio nel brano Villa delle Rose. Man mano che si procede verso la fine, lo si percepisce come in progress, il punto di partenza è l’ultimo segmento Arancini e limoni.
Un processo di riduzione verificabile se si pone mente alle differenze nei rapporti interpersonali intrattenuti con i diversi caratteri femminili, ognuno in sé ben definito, che si dispiegano come uno speculare controcampo a Guglielmo per citare una tecnica filmica a lui congeniale.
Lo stile ricalca il modello della sceneggiatura innervata di dialoghi, una scrittura ridotta all’osso, asciutta e snella che snocciola le vicissitudini di un attore giramondo, anche se l’autore non rinuncia al fermo immagine.
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Film in ordine di apparizione
Villa delle Rose
Le temps de l’innocence, Martin Scorsese, 1993.
Pierrot le fou, Jean-Luc Godard, 1965.
Les sirènes de Levanzo, Rolando Colla, 2016.
Meurtre au soleil, Guy Hamilton, 1982.
Amarcord, Federico Fellini, 1973.
Veteran, Jan Hrebejk, 2020.
Notorius, Alfred Hitchcock, 1946.
La finestra sul cortile, Alfred Hitchcock, 1954.
Lou von Salomé, Cordula Kablitz-Post, 2016.
The Square, Ruben Östlund, 2017.
Baci Rubati, François Truffaut, 1968.
Il nastro bianco, Michael Haneke, 2009.
Sussurri e grida, Ingmar Bergman, 1972.
Gli uccelli, Alfred Hitchcock, 1963.
Ayahuasca
Gamín, Ciro Durán, 1977.
La vendedora de rosas, Victor Gaviria, 1998.
Mulholland Dr., David Lynch, 2001.
Apocalypse now, Francis Ford Coppola, 1979.
Le fabuleux destin d’Amélie Poulain, Jean-Pierre Jeunet, 2001.
Ratataplan, Maurizio Nichetti, 1979.
Paterson, Jim Jarmusch, 2016.
La estrategia del caracol, Sergio Cabrera, 1993.
Drôles d’oiseaux, Élise Girard, 2017.
Vivre sa vie, Jean-Luc Godard, 1962.
La migliore offerta, Giuseppe Tornatore, 2012.
La grande bouffe, Marco Ferreri, 1973.
The angels’ share, Ken Loach, 2012.
Fior di loto
Les délices de Tokyo, Naomi Kawase, 2015.
La cena delle beffe, Alessandro Blasetti, 1942.
L‘Armée des ombres, Jean-Pierre Melville, 1969.
Le cercle rouge, Jean-Pierre Melville, 1970.
Inizio di primavera, Yasujirō Ozu, 1956.
La via del male, Michael Curtiz, 1958.
La dolce vita, Federico Fellini, 1960.
Tokyo-ga, Wim Wenders, 1985.
Kagemusha, Akira Kurosawa, 1980.
Plaza de toros
La grande bellezza, Paolo Sorrentino, 2013.
21 grammi, Alejandro González Iñárritu, 2003.
Amores perros, Alejandro González Iñárritu, 2000.
De grandes espérances, Alfonso Cuarón, 1998.
Novecento, Bernardo Bertolucci, 1976.
Journal d’une femme de chambre, Luis Buñuel, 1964.
I figli della violenza, Luis Buñuel, 1950.
Los olvidados, Luis Buñuel, 1950.
L’angelo sterminatore, Luis Buñuel, 1962.
I giorni contati, Elio Petri, 1962.
Roma, Alfonso Cuarón, 2018.
A ritmo di bossa nova
Un chant d’amour, Jean Genet, 1950.
Kaos, Paolo e Vittorio Taviani, 1984.
La prima notte di quiete, Valerio Zurlini,1972.
Le Samouraï, Jean-Pierre Melville, 1967.
Le Mépris, Jean-Luc Godard, 1963.
Aquarius, Kleber Mendonça Filho, 2016.
Fino alla fine del mondo, Wim Wenders, 1991.
Taxi driver, Martin Scorsese, 1976.
Terra em Transe, Glauber Rocha, 1967.
Blábláblá, Andrea Tonacci, 1968.
Il muro del pianto
Garage Demy, Agnés Varda, 1991.
Baci Rubati, François Truffaut, 1968.
Fino all’ultimo respiro, Jean-Luc Godard, 1960.
Close up, Abbas Kiarostami, 1990.
The wind will carry us, Abbas Kiarostami, 1999.
Hamlet, Franco Zeffirelli, 1990.
Francesco giullare di Dio, Roberto Rossellini, 1950.
The piano, Jane Campion, 1993.
Lost in translation, Sofia Coppola, 2003.
Totò sceicco, Mario Mattoli, 1950.
Fratello Sole Sorella Luna, Franco Zeffirelli, 1972.
Fratello Sole Sorella Luna, Michael Curtiz, 1972.
Francesco, Liliana Cavani, 1989.
L’amour en fuite, François Truffaut, 1979.
L’uomo nell’ombra, Roman Polanski, 2010.
The Raven, Roger Corman, 1963.
Piccoli affari sporchi, Stephen Frears, 2000.
Alphaville, Jean-Luc Godard, 1965.
De grandes espérances, Alfonso Cuarón, 1998.
Il corpo vero
La Belle Noiseuse, Jacques Rivette, 1991.
L’homme qui aimait les femmes, François Truffaut, 1977.
Saint Laurent
Sogni, Akira Kurosawa, 1990.
Cleopatra, Joseph L. Mankiewicz, 1963.
La fortezza nascosta, Akira Kurosawa, 1958.
Baci Rubati, François Truffaut, 1968.
Elle, Paul Verhoeven, 2016.
Shivers, David Cronenberg, 1975.
Incarico in carica
Gente del Po, Michelangelo Antonioni, 1943-47.
Il giardino dei Finzi Contini, Vittorio De Sica, 1970.
La lunga notte del ’43, Florestano Vancini, 1960.
Professione: reporter, Michelangelo Antonioni, 1975.
L’amour en fuite, François Truffaut, 1979.
Io sono un autarchico, Nanni Moretti, 1976.
Falso movimento, Wim Wenders, 1975.
Qualcuno volò sul nido del cuculo, Milos Forman, 1975.
Arancia meccanica, Stanley Kubrick, 1971.
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, Uli Edel, 1981.
Elle, Paul Verhoeven, 2016.
Novecento, Bernardo Bertolucci, 1976.
Casablanca
Morte a Venezia, Luchino Visconti, 1971.
Senso, Luchino Visconti, 1954.
Anonimo veneziano, Enrico Maria Salerno, 1970.
La sirène du Mississipi, François Truffaut, 1969.
La corazzata Potëmkin, Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, 1925.
Salon Kitty, Tinto Brass, 1976.
La chiave, Tinto Brass, 1983.
Le notti bianche, Luchino Visconti, 1957.
La donna della domenica, Luigi Comencini, 1975.
Il messia, Roberto Rossellini, 1975.
Casablanca, Michael Curtiz, 1942.
Rollerball, Norman Jewison, 1975.
La Verità, Henri-Georges Clouzot, 1960.
Arancini e limoni
Dov’è la casa del mio amico, Abbas Kiarostami, 1987.
A ciascuno il suo, Elio Petri, 1967.
Salò o le 120 giornate di Sodoma, Pier Paolo Pasolini, 1975.
Youth, Paolo Sorrentino, 2015.
Todo modo, Elio Petri, 1976.
Il bell’Antonio, Mauro Bolognini, 1960.
Fahrenheit 451, François Truffaut, 1966.
Le beau Serge, Claude Chabrol, 1958.
Les Cousins, Claude Chabrol, 1959.
Falsche Bewegung, Wim Wenders, 1975.
Nuovo Cinema Paradiso, Giuseppe Tornatore, 1988.
Bella di giorno, Luis Buñuel, 1967.
I pugni in tasca, Marco Bellocchio, 1965.
8 ½, Federico Fellini, 1963.
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“Mi sono divertito a inseguire il tuo Guglielmo di donna in donna e di film in film. Trovo indovinatissimo il passo spedito e altrettanto il ritmo sincopato!” Paolo Ruffilli
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“Ho appena finito di leggere il tuo romanzo, il Copione al bacio (il titolo è l’unica parte del romanzo che non mi ha pienamente convinto). Ma, a proposito, dicevo: nel senso che la lettura ha confermato la distanza direi planetaria fra i nostri due mondi poetici –– espressione anche troppo usata ma che pure ha un senso –– diciamo: fra i due modi in cui percepiamo il reale in scrittura –– ma neanche così dà il senso della differenza, perché mi pare che anche nella trasfigurazione di genealogia futurista (Marinetti è grande narratore oltre che grande poeta) che caratterizza la tua narrativa, la quale è veramente brillante (il tuo è uno dei pochissimi romanzi italiani che io abbia letto di recente e che meriti la definizione di sperimentale) –– anche con tutta questa trasfigurazione indiavolata (uso ovviamente l’attributo in senso positivo) tu resti nella realtà, sei immanente (come spiegherebbe alla sua Mélusine il tuo protagonista) mentre io non riesco a scrivere se non pensando oltre-il-reale, pensando metafisico –– altra parola che per me ha un senso positivo (in questi tempi di pensiero unico, bisogna stare attenti a come si parla). In questa situazione, mi sembra che la distanza planetaria fra le nostre forme di conoscenza-in-scrittura sia una garanzia di amicizia poetica. Ancora una volta mi congratulo per il tuo romanzo”. Paolo Valesio
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La lettura è davvero emozionante e la Letteratura vive. Vincenzo Cioni
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“Il Copione presenta molte novità rispetto alla tradizione dello scrivere, il protagonista incomincia la sua storia dalla fine quando noi lo ritroviamo nella sua pienezza giovanile, ma ciò avviene appunto, soltanto nell’ultimo capitolo. L’elemento comune a tutte le vicissitudini qui narrate riguarda il dato che Guglielmo è conquistato e totalmente posseduto dalla passione del teatro, ogni suo pensiero ogni sua azione è riferita al teatro e alla cultura teatrale. Lui parla, pensa e tutto ciò che dice è riferito al teatro stesso. Lo stile è diretto ed immediato, il libro è scritto alla terza persona, c’è pertanto un narratore che rimpalla specularmente il pensiero del protagonista spostando l’accento più sul cinema, cinema e teatro sono pertanto l’ambito culturale e psicologico dei personaggi descritti. Il libro che è scritto molto bene si avvale di una scrittura ricca di battute teatrali che si inseguono senza una didascalia, si tratta di tante sceneggiature, ed una volta giunti in fondo anziché una bibliografia, ennesima novità, si legge un lungo elenco di film circa un centocinquanta, ovvero tutte le pellicole citate durante la narrazione”. Maurizio Garuti, dalla presentazione del Copione al bacio, Biblioteca Sala Borsa, Bologna, 1 dicembre 2023.
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” Bello il tuo libro. Complimenti soprattutto per la struttura narrativa che hai ideato. Occorrerebbe per apprezzarlo un editore come più non ce ne sono in un’epoca Susytamarrica e mocciafila” . Armando Adolgiso