02 Dic Lemme vince il vento…
Scrivere dell’infanzia vuol dire riviverla con la mentalità dell’adulto. Quando ho deciso di scrivere questo libro, dieci anni fa circa, mi son letto molti libri sul tema e come dice un personaggio di Lemme, ho scoperto che non è ancora stato scritto il libro che volevo scrivere io. In tutta la mia carriera questo è un punto centrale, ovvero elaborare una produzione che fosse “mia” e solo “mia”.
Ho creato il personaggio Lemme, un bimbetto colto nei primi dieci anni di vita, per dimostrare come allora, siamo nella prima decade degli anni Cinquanta, fosse molto difficile cavarsela. Alla fin fine i bimbi, forse anche oggi se la cavano sempre, l’adulto teme per loro, ma è tempo sprecato, i bambini sanno quel che fanno.
Lemme è un cinno che parte dal livello più basso e (maleodorante) possibile, non a caso nel primo capitolo lo troviamo in una situazione davvero imbarazzante poiché se l’è fatta addosso all’asilo, in quell’asilo cui è stato costretto ad andare controvoglia. Nonostante questa partenza ad handicap si pone l’obiettivo di raggiungere la sua totalità, il suo essere presente vivo e vitale dentro a questo mondo.
Il vento è il vero nemico da battere, quell’assurda entità che gli viene sbandierata come il lupo mannaro, come un mostro mangia-bimbi. Ed è un vero piacere constatare che un bel giorno il nostro Lemmino nonostante tutte le reprimende che lo obbligavano a restare tappato in casa, decida di uscire ugualmente e con suo sommo gaudio e sorpresa, scopra che non succede un bel nulla, nessuno lo mangia, nessuno lo rincorre, solo e soltanto l’ebbrezza della libertà.
Indice dei capitoli
1 Assillo asilo
2 La sorpresa
3 Ogni problema ha la sua soluzione
4 La questione della donna e dell’uomo
5 La misura è colma
6 Il miracolo di Campanile Sera
7 Cavalluccio marino
8 Nebbia in Val Padana
9 Don Lurio e Humpty Dumpty
10 Giustizia è fatta
11 In nuce intellettuale
12 Lupo mannaro
13 Tacere e ascoltare
14 Squarcione
15 Il punto al centro della O
16 Lapsus
17 Il grande mago
18 Lo spallone del Reno
19 Eros e gàt
20 Lunapark
21 La via maestra
22 Il cordone dialettale
23 Il borsalino
24 Santa sega
25 EMME
26 Fort Apache
27 Segatura
28 Ribelle
29 Traveggole
30 Impara l’arte
31 L’eterno contenzioso
32 Storture
33 Ninfa
34 Cric
35 Cado
36 Tic
37 Totalemme
Libreria Albatros corso del Guercino 55 A – Cento – venerdì 13 dicembre 2019 ore 19
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Ho letto con interesse e coinvolgimento il tuo Lemme vince il vento, vero romanzo di formazione in singoli atti o tappe di grande presa, in virtù della scrittura densa e netta, pronta a recuperare qua e là mozziconi dialettali. Complimenti, perché è tutt’altro che facile raccontare l’avventura di un cinno in piena originalità. Paolo Ruffilli
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Ho compulsato in questi giorni il romanzo-memoir Lemme vince il vento, finendo di leggerlo proprio in coincidenza con la celebrazione dei 60 anni di Tutto il calcio minuto per minuto che non casualmente innerva l’ultimo capitoletto del libro. Che si legge assai piacevolemente anche come enciclopedia o wikipedia di una bildung infantile tra anni ’50 e primi ’60 del secolo scorso. Punto di forza è sicuramente la scrittura per via di una sorta di espressivismo italo-emiliano in cui la lingua è assai spesso crivellata dal dialetto, ciò che gli dà anche un ritmo invidiabile nel ricostruire un mondo remoto, però evidentemente assai presente nella memoria dell’autore, vista la quantità di minuti dettagli sia personali sia concernenti molte altre figure che vengono narrati. La stessa foto di copertina così iconica e così artificiosa sembra quasi essere stata scattata a metà del Novecento per essere poi riutilizzata nel secolo successivo come sigla visiva di un’epoca. Mi è venuto pure da chiedermi quanti dei compaesani e coevi hanno letto il libro e se si sono o meno riconosciuti nel ritratto individuale e collettivo che è stato fatto. Comunque, questo ricco e ironico amarcord mi sembra bello anche perché la vicenda di questo bambino diventa specchio di una società e di un paese che erano sicuramente più felici e più carichi di speranze del tempo attuale. E’ perciò un amarcord che diventa un agrodolce “noi ci ricordiamo”. Marco Palladini
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Devo una breve risposta al signor Piergiorgio Paterlini che ieri su Robinson, inserto culturale de La Repubblica 21XI2020 ha avuto la bontà di parlare del mio Lemme vince il vento (Le lettere, Firenze, 2019). Ogni parere è legittimo purché suffragato dai contenuti, ma qui siamo ben prima di una qualsivoglia analisi critica, anzi c’è da chiedersi quale lettore possa trarre anche solo un’indicazione di lettura (o non lettura) da questa rubrica. Cosa ha disturbato nel libro? L’uso del dialetto? Si è trattato di una scelta stilistica studiata, meditata e praticata per modellare i personaggi e conferire loro quella autenticità di cui la Lingua Italiana (Itagliana direbbe Lemme) non sempre è capace. Il provincialismo nostalgico che può giusto interessare la nuova categoria antropologica degli ultrasessantenni ferraresi? Certo è una storia della provincia italiana degli anni Cinquanta, ma spiace se non si è stati in grado di cogliere anche tutto il resto, ritenendo che l’ausilio di un Delfini o di Bentham per spiegare cosa si intenda per magón o per svolgere in termini alti la bassezza dell’intarès sia diventato una “goliardata”. Infine, mi sfugge il nesso tra i testicoli e Lemme, a meno di non dare importanza solo alle sonorità allitteranti (testi/testicoli). È pur vero che il nostro Lemme a un certo punto si scopre sofferente di idrocele, ma è altresì vero che nel dormiveglia che precede l’operazione chirurgica lui stesso sale sul tappeto volante per compiere uno dei più fantasmagorici e mirabolanti viaggi ad occhi aperti sul territorio padano. Se leggendo quel capitoletto restano in mente solo i testicoli allora vuol dire che questi tempi tristi e bui stanno distruggendo anche la voglia di sorridere e soprattutto di sognare.